Quante volte avete sentito dire che le macchine tolgano lavoro agli uomini, aumentino la disoccupazione e diminuiscano i salari? La logica di queste affermazioni sembra elementare: se una nuova tecnologia consente di produrre la stessa quantità di beni impiegando meno lavoratori, le aziende possono licenziare una parte dei loro dipendenti. Maggiore è l'innovazione tecnologica, maggiore è il numero di persone che perdono il loro lavoro. Quindi, poiché aumenta il numero di persone in cerca di lavoro, i salari tendono ad abbassarsi. Ma le cose stanno proprio così?
Questa teoria nacque all'inizio del 1800 e fu sostenuta dal luddismo, un movimento operaio che aveva l'obiettivo di sabotare le macchine (ritenute colpevoli delle accuse sopra citate). A partire da allora, la tecnologia ha fatto passi da gigante. Perciò, stando alla teoria luddista, dovremmo vedere una tendenza al ribasso dei salari reali e del tasso di occupazione. Invece no. Non solo: paesi più avanzati da un punto di vista tecnologico (come quelli occidentali) non presentano tassi di disoccupazione mediamente maggiori o salari mediamente più bassi rispetto ai paesi meno avanzati (come diversi Stati africani o asiatici). Al contrario.
Ovviamente questi dati, di per sé, non dimostrano nulla. Non potendo effettuare esperimenti riproducibili, non possiamo escludere al 100% che questi risultati siano dovuti esclusivamente ad altri fattori [1]. Quindi dobbiamo affrontare la questione (anche) da un punto di vista logico.
Ovviamente questi dati, di per sé, non dimostrano nulla. Non potendo effettuare esperimenti riproducibili, non possiamo escludere al 100% che questi risultati siano dovuti esclusivamente ad altri fattori [1]. Quindi dobbiamo affrontare la questione (anche) da un punto di vista logico.
Anzitutto, qualche considerazione di buon senso. Se le nuove tecnologie consentono di produrre più beni con la stessa quantità di manodopera [2], è ragionevole aspettarsi un aumento della produzione di beni. Rispetto al 1600, oggi vengono prodotti più cibo, musica, vestiti, giocattoli, etc pro-capite [3]. I luddisti presuppongono (erroneamente) che la quantità di beni prodotti resti costante, e che sia la quantità di manodopera a diminuire. Ma invece è possibile (e pure probabile) aumentare la quantità di beni prodotti, lasciando inalterata la quantità di manodopera. Non solo. L'innovazione tecnologica crea nuovi tipi di lavoro e, così facendo, consente un aumento del tasso di occupazione. Facciamo un esempio.
ESEMPIO
Consideriamo una primitiva società agricola: ogni persona deve dedicarsi all'agricoltura, altrimenti non ci sarebbe abbastanza cibo per sfamare tutti. L'introduzione di nuove tecnologie agricole consente di produrre più cibo, così da evitare carestie e malnutrizione. Nessuno perde il lavoro, tutti stanno meglio.
Cosa succede quando ulteriori innovazioni conducono ad un eccesso di prodotti agricoli? Una soluzione consiste nel lavorare meno ore al giorno [4]. L'altra soluzione consiste nel creare nuovi tipi di lavoro. Per esempio, lavori artigianali: calzolai, carpentieri, falegnami, conciatori, etc [5].
La successiva introduzione di nuove tecnologie consente di produrre più prodotti artigianali, con i quali migliorare il tenore di vita delle persone. Infine, quando ulteriori innovazioni conducono ad un eccesso di prodotti artigianali, si riduce ulteriormente l'orario di lavoro o si creano ulteriori nuovi tipi di lavoro (per esempio, lavori industriali). E così via.
Questo continuo processo di innovazione tecnologica dà vita alle arti, ai servizi e alle industrie - come quelle che abbiamo a disposizione nella società attuale.
Riassumendo: "le macchine" aumentano il tenore di vita delle persone e spostano lavoratori da vecchi a nuovi tipi di lavoro. Se, in accordo al luddismo, le prime comunità agricole avessero impedito la nascita di nuove tecniche, sarebbero rimaste povere e non avrebbero potuto immaginare film, crociere, discoteche e tutti quei beni/servizi che sono conseguenza del progresso tecnologico [6].
La lezione da trarre è che, nel medio-lungo periodo, il progresso tecnologico beneficia tutti. Quando si sviluppano nuove macchine in un settore produttivo, le sue aziende riducono i costi di produzione e abbassano i prezzi di vendita dei loro prodotti. Gli imprenditori e i consumatori ne vengono beneficiati. Inoltre la tecnologia facilita la produzione non solo dei beni di consumo, ma anche di quelli capitali. Ciò consente di finanziare più facilmente progetti [7] e attività imprenditoriali [8] che, altrimenti, sarebbero stati impensabili. L'aumentata produttività e le maggiori possibilità lavorative beneficiano i lavoratori tramite maggiori salari reali ed un maggior tasso di occupazione [9].
Ma cosa succede nel breve periodo? Dipende. A seconda delle curve di domanda e offerta dei beni interessati dall'innovazione tecnologica, una parte della manodopera può essere costretta a cambiare lavoro oppure no.
Qualora fosse necessario un cambio di lavoro, non sarebbe un grosso problema. Grazie all'abbassamento dei prezzi generato dalle macchine, i consumatori possono aumentare la domanda di altri beni ed incentivarne una maggiore produzione - quindi maggiori assunzioni in quei settori.
Lo "scenario peggiore" sembra quello in cui la manodopera licenziata si riversa in settori che non vengono interessati da una maggiore domanda di beni. A parità di tutte le altre condizioni, i salari di quei settori tendono ad abbassarsi. Ma...è proprio il calo di quei salari a facilitare la nascita di nuove attività imprenditoriali. Come si è visto nell'esempio di cui sopra, a un certo punto le nuove tecniche agricole rendono "inutile" una maggiore produzione di beni agricoli. I salari degli agricoltori si riducono, consentendo la nascita di nuovi tipi di lavoro [10]. Quanto più si riducono i salari degli agricoltori, tanto più si incentiva la creazione di nuovi lavori - i quali, in seguito, portano un aumento dei salari reali [11]. Quindi lo "scenario peggiore" nel breve termine è quello che, in realtà, conduce alla maggiore prosperità nel medio-lungo termine.
In sostanza: il luddismo si basa solo sugli effetti di breve termine, considera solo lo "scenario peggiore" e osserva solo una piccola parte della popolazione (cioè chi lavora nel settore interessato dall'innovazione tecnologica).
Se invece si considera l'insieme di tutti i cittadini, il progresso tecnologico è nettamente positivo. Se poi si guarda al medio-lungo termine, è positivo per ciascun individuo. Le macchine hanno effetti nettamente positivi anche in quello che potrebbe sembrare lo "scenario peggiore", dal momento che consentono la nascita di nuovi tipi di lavoro.
CONTINUA
Weierstrass
[1] Non voglio approfondire qui questo argomento, ma c'è un'ovvia relazione di causa-effetto: i paesi con maggiore libertà economica (come quelli occidentali) offrono un ambiente più favorevole alle imprese. Quest'ultime sono incentivate a fare investimenti (compresi quelli nella ricerca tecnologica), i quali generano maggiori salari e opportunità di lavoro. Quindi l'innovazione tecnologica è causa di maggiore prosperità, ma è conseguenza di un ambiente favorevole agli investimenti privati.
[2] O, detto in maniera equivalente, una tecnologia capace di produrre la stessa quantità di beni impiegando meno manodopera.
[3] Per essere precisi, oggi viene prodotto anche un numero maggiore di beni che nel 1600 non esistevano: automobili, aerei, computer, telefoni, cellulari, fumetti, etc.
[4] In effetti, la rivoluzione industriale e le successive innovazioni tecnologiche hanno consentito di ridurre la durata della giornata lavorativa. Purtroppo molte persone credono (erroneamente) che tale risultato sia dovuto alle prime associazioni sindacali. Per smentire tale credenza, basta fare la seguente constatazione: in una società tecnologicamente primitiva, nessun sindacato potrebbe ottenere la riduzione dell'orario di lavoro. Questo perché meno ore di lavoro comporterebbero meno cibo disponibile, e quindi la morte per fame (o, comunque, una notevole riduzione del tenore di vita). Solo la tecnologia consente di ridurre le ore di lavoro e di aumentare i salari reali.
[5] Le persone che si spostano nel settore artigianale smettono di produrre prodotti agricoli ed iniziano a produrre altre cose. Quest'ultime vengono scambiate col cibo prodotto dagli agricoltori rimasti. Invece, se non ci fosse stata l'innovazione tecnologica nel settore agricolo, non ci sarebbe stato abbastanza cibo per sostenere sia i contadini, sia gli artigiani.
[6] Questo è un esempio della legge delle conseguenze non previste. Nessuno può prevedere dove porterà l'innovazione tecnologica, quindi non si possono prevedere neanche i costi derivanti dall'ostacolarla. Solo col senno di poi possiamo stimare quanto il luddismo ci avrebbe impoverito, se (per esempio) a inizio del 1'800 fosse riuscito nei suoi propositi.
[7] Si pensi, per esempio, alla realizzazione di un canale (come quello di Panama). Se qualcuno avesse tentato di realizzarlo con la tecnologia settecentesca, avrebbe sopportato costi enormi - talmente esagerati da farlo desistere. Ma l'innovazione tecnologica ha reso possibile (e conveniente) tale impresa.
[8] Si pensi, per esempio, al computer. A partire da esso sono nati i videogiochi per PC, le chiavette USB, Internet, gli Web Designer, etc. Molti lavori non esisterebbero senza il computer, o sarebbero molto meno produttivi.
Oppure si pensi alle opportunità di lavoro create dagli smartphone (tipo Uber e i camion-ristoranti).
[9] Si consideri, per esempio, il lavoro femminile. In una società agricola, la maggior parte dei lavori sono particolarmente "pesanti" ed incentivano le donne ad occuparsi delle faccende domestiche (dove hanno mediamente un vantaggio comparato rispetto agli uomini).
Invece, in una società altamente tecnologica, la maggior parte dei lavori pesanti (fabbriche, miniere, etc) vengono largamente automatizzati; inoltre esiste un gran numero di lavori "leggeri" (negozi, segreterie, scuole, studi di design, etc). Dunque aumentano le opportunità di lavoro per le donne ed aumenta il tasso di occupazione totale.
[10] Chi vuole aprire un nuovo tipo di attività deve valutarne i ricavi, i rischi e i costi. I ricavi devono coprire i costi e remunerare i rischi. I salari fanno parte dei costi, quindi una loro diminuzione (aumentando la remunerazione dell'imprenditore) incentiva ad aprire l'attività.
Nell'esempio di cui sopra, la diminuzione dei salari degli agricoltori consente alle aspiranti imprese artigiane di assumere dipendenti offrendo un salario minore rispetto a prima. Ciò incentiva la nascita di imprese artigiane, poiché aumenta la remunerazione per chi intraprende tali attività.
[11] I nuovi lavori, sgonfiando l'eccesso di dipendenti nei settori che stiamo considerando, tendono ad aumentare i salari. Cioè avviene il meccanismo contrario a quello che, inizialmente, ha causato l'abbassamento dei salari.
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