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martedì 21 aprile 2015

La moneta (2/3) - nascita e sviluppo della moneta bancaria

Seconda puntata dedicata alla storia della moneta. Qui la prima parte.



Abbiamo visto come, a partire da sistemi commerciali basati sul baratto, siano nate spontaneamente varie forme di moneta-merce. Successivamente sono state selezionate quelle monete che meglio soddisfacevano le esigenze del commercio e, in particolare, le tre proprietà fondamentali della moneta (mezzo di scambio, riserva di valore e unità di conto). Da un punto di vista storico, le monete basate su metalli preziosi sono state preferite alle altre. 

Tuttavia l'uso (per esempio) di monete d'oro presentava alcuni inconvenienti, poiché dovevano essere custodite e trasportate fino al luogo della compravendita. Lo sviluppo delle attività commerciali, aumentandone la frequenza e la portata geografica, rese sempre più scomodo l'uso di questa forma di moneta. Per ovviare a questi problemi nacque la moneta bancaria [1].
Inizialmente orafi, cambiavalute e zecche private, abituati a maneggiare e proteggere grandi quantità di oro, offrirono la possibilità - dietro compenso - di custodire il denaro dei clienti nelle loro casseforti. Nacque così il sistema bancario. Il custode (cioè la banca) consegnava una ricevuta al cliente - la nota del bancobanconota - così da attestare la quantità di oro da lui depositata. Quando il cliente aveva necessità di effettuare un pagamento, restituiva la banconota alla banca emittente e prelevava il proprio denaro. Inoltre, poiché le banconote erano facilmente trasportabili, si scoprì che era conveniente usarle come strumento di pagamento al posto delle monete d'oro: chi le riceveva poteva restituirle alla banca emittente in cambio di una determinata quantità di oro e, successivamente, depositare quest'ultima nella propria banca.
Un'ulteriore sviluppo del sistema bancario venne dalla constatazione che gran parte dell'oro custodito non lasciava mai i forzieri della banca; da una parte perché molti depositanti tendevano a risparmiare il denaro da loro depositato, dall'altra perché parte dell'oro prelevato e speso veniva ri-depositato nella medesima banca. Quindi le banche iniziarono ad offrire un tipo di contratto diverso: il cliente cedeva alla banca il proprio denaro (la moneta-merce) in cambio di un tasso d'interesse e della possibilità di ritirare una somma equivalente in qualsiasi momento. Praticamente venne abbandonato il precedente contratto di custodia e venne introdotto un nuovo contratto di prestito (il moderno deposito bancario) in cui il depositante diventava creditore della banca. In questo modo le banche potevano emettere banconote convertibili nell'oro ad esse ceduto e prestarle a interesse [2]; i guadagni ottenuti dagli interessi servivano a remunerare sia la banca, sia i depositanti (così da attrarre altri depositi d'oro).

Via via che le banconote (come quelle riportate nelle immagini di cui sopra) diventavano lo strumento di pagamento preferito, avvenivano sempre più spesso depositi di banconote - anziché di monete d'oro. Poiché ogni banca era in concorrenza con le altre, inizialmente rifiutava di accettare in deposito le banconote avversarie. Tuttavia l'esperienza dimostrò che era più vantaggioso fare il contrario: le banconote delle altre banche potevano essere convertite in oro e quindi accrescere le proprie riserve. Nacquero spontaneamente camere di compensazione, in cui ogni banca chiedeva la conversione delle banconote altrui [3].
In sostanza, il sistema bancario divenne l'intermediario tra chi voleva risparmiare e chi voleva ricevere un prestito. Poiché la moneta bancaria era convertibile in metallo prezioso, la quantità di banconote emesse da una banca era vincolata alla quantità di riserve auree disponibili e, perciò, al tasso di risparmio dei suoi clienti [4]. Ogni banca cercava di massimizzare l'emissione delle proprie banconote, ma anche di avere una quantità di riserve sufficiente a soddisfare le richieste di prelievo. Qualora una banca avesse tentato di emettere troppe banconote, sarebbe fallita a causa delle maggiori richieste di prelievo da parte dei depositanti e delle altre banche.

In conclusione, mentre le monete d'oro erano una forma di moneta-merce (perciò inconvertibili in qualcos'altro), le banconote erano una forma di moneta fiduciaria: esse venivano accettate solo perché convertibili in una certa quantità di metallo prezioso. La differenza era sostanziale. Mentre l'offerta di monete d'oro era fisicamente limitata dall'estrazione di metallo prezioso dalle miniere, non vi era un analogo vincolo alla quantità di moneta bancaria; tuttavia l'emissione di banconote equivaleva a un indebitamento (denominato in oro) per l'emittente, che era quindi vincolato dalle riserve fisiche di oro in suo possesso.

Il sistema qui descritto è oggi noto col nome di free banking o sistema di banche libere [5]. Esso si è sviluppato spontaneamente nell'arco di vari secoli, dal tempo dei Bardi e dei Peruzzi (1300) fino alla nascita delle prime camere di compensazione (1800). Nella terza e ultima parte di questa serie di articoli vedremo come e perché la moneta-merce e i sistemi bancari liberi sono stati sostituiti dalla moneta a corso legale e dagli attuali sistemi bancari centrali (central banking).

CONTINUA

Weierstrass

[1] Nella trattazione che segue i fatti storici verranno un po' sintetizzati, ma il lettore interessato può fare riferimento ai link forniti nel testo.

[2] Chiaramente ogni banca assumeva dei rischi. Se concedeva prestiti a persone poco affidabili, o finanziava progetti d'investimento molto rischiosi, subiva delle perdite. Se concedeva troppi prestiti, le sue riserve di oro diminuivano. Qualora le riserve auree fossero risultate insufficienti a soddisfare le richieste di prelievo, la banca sarebbe fallita (o avrebbe dovuto chiedere un prestito alle altre banche). 

[3] Per chi vuole approfondire l'argomento, è consigliata la lettura dei capitoli secondo e terzo di The Theory of Free Banking: Money Supply under Competitive Note Issue di George Selgin.

[4] In effetti, come abbiamo visto nelle basi di economia, sono i risparmi a consentire gli investimenti; perciò il tasso d'interesse deve avere un andamento inversamente correlato al tasso di risparmio.

[5] Il lettore interessato può approfondire l'argomento grazie a questa serie di articoli di Michael Crook - tradotto in italiano da Tommaso Cabrini - sul free banking scozzese. 

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