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mercoledì 12 aprile 2017

Miti statalisti: #7 gli unicorni al Governo

Osservando la scarsa qualità dei servizi pubblici e la quantità di sprechi che si annidano nella spesa statale, viene spontaneo chiedersi se non sia il caso di ridurre il perimetro dello Stato, lasciando che sia il settore privato (cittadini e imprese) ad occuparsi di certe faccende. Tuttavia c'è sempre qualcuno che, messo di fronte a tale conclusione, replichi con la fallacia degli unicorni: "il Governo fa gli interessi dei cittadini, mentre un privato fa solo il proprio". Infatti le aziende private sono gestite da esseri umani, ognuno con i propri interessi da perseguire, mentre pare che il Governo sia composto da angeli e unicorni. Ma davvero i governanti sono buoni, onesti, disinteressati e intelligenti?


Chiaramente la risposta è "no": si tratta di un mito, e basta avere una minima conoscenza (anche superficiale) della politica per riconoscerlo. Come regola generale, i governanti non sono persone molto intelligenti, di sicuro non sono disinteressate, e spesso nemmeno oneste. Questa situazione (peraltro comune a tutti i paesi) non è frutto della sfortuna, ma piuttosto si tratta di una caratteristica intrinseca del sistema politico. Oggi spieghiamo perché.
Ognuno fa ciò che ritiene migliore per se stesso, quello che lo fa sentire meglio; in breve, il proprio interesse [1]. E' una caratteristica umana. Il politico, così come l'imprenditore, non fa eccezione a questa regola. Per l'imprenditore, l'obiettivo primario è massimizzare i profitti della propria azienda e, per farlo, deve convincere ciascun cliente a comprare i beni/servizi che produce. Se offrisse servizi scadenti, per esempio, tutti smetterebbero immediatamente di comprarli; dunque fallirebbe, pagando di tasca propria il costo dei suoi errori. Quindi l'imprenditore deve soddisfare anche i bisogni della clientela, e non solo i propri: gli interessi delle aziende e dei loro clienti tendono così a convergere [2].

Vediamo adesso la condizione dei politici. Il loro interesse consiste nell'ottenere benefici sia diretti (stipendio elevato e vari trattamenti privilegiati) sia indiretti (potere decisionale). Quelli diretti sono sotto gli occhi di tutti, mentre molte persone faticano a comprendere quelli indiretti, che invece sono i più rilevanti. Infatti un politico aspira ad avere più soldi pubblici da spendere e più influenza sulla società, strumenti che impiega per premiare chi lo sostiene e per migliorare la sua posizione nella scala sociale. Le conseguenze di tali obiettivi sono di gran lunga maggiori (e nefaste) rispetto alle spese sostenute per gli stipendi dei politici [3]. Allora chiediamoci: cosa deve fare un politico per raggiungere tali fini?
Certamente non è necessario convincere ciascun cittadino a votarlo. Al massimo, gli basta convincere la maggioranza degli aventi diritto di voto. Ma non tutti vanno a votare [4], perciò gli basta la maggioranza dei votanti. Inoltre, nei sistemi che prevedono un premio di maggioranza, gli basta avere una maggioranza relativa (cioè la minoranza più grande). Vediamo dunque che - al contrario dell'imprenditore - il politico non deve accontentare tutti i suoi "clienti" e, di conseguenza, può cercare voti promettendo di svantaggiare alcuni cittadini al fine di avvantaggiarne altri [5]. Ovviamente, avvantaggiare la maggioranza (o la maggioranza relativa) a spese altrui non è un atto altruistico, né necessariamente una buona cosa per la società nel suo insieme. Benché questo modo di comprare voti elettorali sia legale, costituisce un gioco a somma zero o (più spesso) negativa per il paese, che finisce inevitabilmente incrostato da tasse e burocrazia.


E non è finita qui. Mentre l'imprenditore è sotto costante "minaccia" di essere rimpiazzato da un concorrente che meglio soddisfi i suoi clienti, chi viene eletto al Governo ha le mani libere da vincoli per 4-5 anni; potrebbe fare il contrario di quanto promesso in campagna elettorale, ma nessuno potrebbe farci nulla. Notiamo inoltre che un politico non paga per i suoi errori: se spende male il denaro pubblico, o se promulga una legge dannosa, sono i cittadini a pagare il conto. Male che vada, il politico rischia di non essere rieletto; ma, in fin dei conti, gli basta ottenere pochi voti per rimanere in Parlamento. E poi, siamo sicuri che fare scelte sbagliate rappresenti un ostacolo alla rielezione?
Spesso i Governi fanno cose che la stragrande maggioranza dei cittadini non approva, ma di cui è effettivamente all'oscuro. E' irrealistico pensare che ciascun elettore perda ore e ore di tempo a controllare bilanci pubblici, leggere proposte di legge, etc [6]. Al massimo, l'elettore particolarmente informato si baserà su ciò che dicono i media, dei quali i principali vengono finanziati con soldi pubblici (cosa che ne limita l'obiettività). Più in generale, l'istruzione e l'informazione vengono condizionate dallo Stato e dai gruppi di pressione politica (lobby).

Un ulteriore ostacolo al tentativo di rappresentare la volontà popolare tramite il sistema politico è dato dalla scarsa libertà di scelta. Magari la maggioranza dei cittadini concorda con un partito su determinati argomenti, ma può avere opinioni completamente opposte su altre questioni. Ma poiché il sistema elettorale obbliga a scegliere un solo partito politico, non è possibile esprimere preferenze sulle singole questioni. I cittadini sono così costretti a scegliere il meno peggio, cioè il partito con cui condividono la quantità maggiore di proposte politiche (o comunque le proposte che ritengono più importanti) sacrificando la proprie idee sulle questioni rimanenti. La differenza con i clienti di un'azienda è abissale: quest'ultimi sono liberi di scegliere solo ciò che ritengono vantaggioso, e di rivolgersi alla concorrenza per tutto il resto.

Infine, ricordiamo che la politica ha un orizzonte temporale di brevissimo periodo. Un Governo resta in carica per pochi anni, finiti i quali è probabile che venga sostituito dai suoi avversari politici. Ha quindi tutto l'interesse a fare operazioni che si rivelino disastrose in futuro (quando magari governeranno altre forze politiche) purché gli producano vantaggi nell'immediato. Tanto più che, a votare, sono le generazioni attuali - non quelle future [7]. Di nuovo, questo atteggiamento è in netto contrasto con quello degli imprenditori, che non possono permettersi di fare oggi scelte di cui si pentiranno tra pochi anni.

Riunendo i concetti che abbiamo elencato, vediamo che i politici sono incentivati a:
  1. Garantirsi lauti stipendi e vari benefici. 
  2. Fare promesse che non potranno mantenere, ma che garantiscano loro il voto dell'elettore medio. 
  3. Concedere privilegi a minoranze ben organizzate elettoralmente [8]. 
  4. Fare scelte dannose sul lungo periodo. 
  5. Accrescere la spesa pubblica e regolamentare sempre di più ogni settore sociale/economico. 
  6. Aumentare il debito pubblico e la tassazione. 
Il punto 6 deriva dai punti 4 e 5. Infatti le maggiori spese possono essere finanziate tramite tasse o indebitamento pubblico. Poiché le tasse erodono consenso elettorale, il politico tende a sfruttare il canale dell'indebitamento. Quando però quest'ultimo diventa non più praticabile, la via maestra è quella di graduali incrementi di tasse. Più sono graduali, meno la gente protesta e più rapidamente si adegua. 


Notiamo che, nella realtà quotidiana, tendano a verificarsi tutte le considerazioni che abbiamo fatto in questo articolo. Questo perché, anziché considerare i politici alla stregua di unicorni, li abbiamo semplicemente supposti umani; tale approccio è alla base della Teoria della Scelta Pubblica (Public Choice Theory). In conclusione, il Governo non fa gli interessi dei cittadini: fa i propri interessi, che tendono ad essere diametralmente opposti rispetto a quelli delle persone normali. Quindi i servizi pubblici sono mal gestiti non per una tanto singolare quanto ricorrente sfortuna, ma proprio a causa della loro natura politica. Al contrario, il settore privato - quando lasciato libero di fare - ha davvero l'incentivo a soddisfare gli interessi dei suoi clienti. 

Weierstrass

Aggiornamento (13/04/2017): è notizia recente che una compagnia area statunitense, dopo aver maltrattato un suo cliente, sia stata costretta a scusarsi pubblicamente. Infatti ha subito numerose critiche sui social network e una pessima (quanto meritata) pubblicità sui tradizionali canali di informazione. Il titolo della società ha perso il 4% del suo valore di borsa. Questo esempio dimostra che le aziende, quando sbagliano, pagano per i propri errori; questo le disincentiva a commetterne. Al contrario dei Governi. 


[1] Si tratta di valutazioni soggettive. C'è chi si sente meglio a bere una bottiglia di birra davanti alla TV, e chi invece preferisce fare volontariato. Il punto è che ognuno vuole soddisfare dei bisogni emotivi, spirituali e/o materiali. 


[2] Questa conclusione smette di essere vera solo nel momento in cui il Governo intervenga a privilegiare (in un modo o nell'altro) una certa azienda. E' un'eventualità, purtroppo, sempre più frequente, e di cui pochi si rendono conto. 


[3] Si pensi al potere di consentire o vietare una nuova attività economica; di decidere a chi concedere sussidi e chi gravare con nuove tasse; di stabilire cosa insegnare nelle scuole; etc. 


[4] E questa è una conseguenza logica del sistema politico. Come spiegato nell'articolo, alla fine della fiera contano le minoranza ben organizzate politicamente. Via via che i normali cittadini si rendono conto di non valere nulla sul piano politico, l'astensione va ad aumentare nel tempo. 


[5] Chi perde le elezioni non ha alternative, se non quella (estrema) di emigrare, ed è quindi costretto a sottostare alle leggi del vincitore. E' proprio questo che consente ai politici di danneggiare una parte dei cittadini al fine di beneficiare il proprio bacino elettorale. 


[6] Peraltro, anche volendo, certi dettagli e informazioni non sono reperibili.


[7] Un classico esempio è il caso delle pensioni. Per ottenere il consenso degli anziani, che hanno una maggiore partecipazione elettorale, il Governo spesso aumenta l'entità degli emolumenti versati ai pensionati, o riduce l'età necessaria al pensionamento. Questo genere di misure genera un beneficio immediato per il Governo, ma in futuro causeranno problemi finanziari. 


[8] I politici sono attratti da situazioni in cui i benefici siano concentrati su pochi soggetti, con costi spalmati su una moltitudine di persone. I pochi beneficiari, infatti, lottano con ogni mezzo per mantenere il privilegio ottenuto dal Governo, mentre il cittadino medio non ha un incentivo sufficiente a constrastare tale ingiustizia. Supponiamo, per esempio, che il Governo sussidi un'azienda con 60 milioni di euro. L'azienda e i suoi dipendenti hanno un forte incentivo monetario a fare pressione politica per mantenere il sussidio, mentre il comune cittadino risparmierebbe appena 1 € di tasse dalla sua abolizione. Quale delle due categorie scenderà in piazza a protestare? 

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