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lunedì 3 aprile 2017

Armi da fuoco e violenza - il mito (1/2)

Ogni volta che avviene una sparatoria negli Stati Uniti, la colpa viene attribuita alla (relativa) facilità con cui sia possibile comprare legalmente armi da fuoco in America. Chi vuole proibire la vendita di armi da fuoco sostiene l'equazione "più armi = più morti". Il tasso di omicidi calerebbe - dicono i proibizionisti - se ci fossero meno armi a giro. Ma le cose stanno proprio in questi termini?


Prima di guardare ai numeri, facciamo qualche considerazione di buon senso. Le armi da fuoco possono servire sia ai criminali (per aggredire gli onesti cittadini) sia agli onesti cittadini (per difendersi dai criminali). Impedire la vendita legale di fucili e pistole ne preclude l'accesso agli onesti cittadini, ma non ai criminali. E' ovvio, infatti, che vietare la vendita legale di qualcosa non ne impedisca necessariamente la vendita illegale! Per esempio, il proibizionismo sugli stupefancenti viene quotidinamente aggirato in ogni angolo e città del pianeta - così come, a suo tempo, veniva aggirato il proibizionismo sugli alcolici. E' sempre stato così, è così e - piaccia o non piaccia - sempre lo sarà [1]. Lo stesso avviene con le armi da fuoco: ne esiste un mercato nero in ogni paese. Infatti in Francia e in Italia è vietata la vendita di AK-47, ma questo non ha impedito a terroristi islamici e mafiosi di procurarseli. Perciò il proibizionismo sulle armi ha il solo effetto di disarmare i cittadini, lasciandoli alla mercè dei criminali.

Comunque, anche supponendo di riuscire a fermare la vendita illegale di armi da fuoco, il problema di fondo rimane: ci sono persone disposte a tutto pur di compiere degli omicidi o delle stragi [2]. Questo significa che i criminali impiegheranno altri strumenti per raggiungere il loro fine, dagli esplosivi improvvisati a mazzecoltelli, dalle automobili alle mani nude. In Cina, per esempio, ci sono stati diversi attacchi all'arma bianca; in uno di questi episodi, nel 2014, otto terroristi armati di coltelli [3] hanno attaccato una stazione ferroviaria, uccidendo 31 persone e ferendone altre 143. Quindi il proibizionismo sulle armi da fuoco, nel migliore dei casi, avrebbe solo l'effetto di cambiare l'arma del delitto; nel peggiore, costituirebbe invece un comodo aiuto ai criminali.
Non dimentichiamo, infine, che disarmare i cittadini onesti ha conseguenze indesiderate. Spesso le armi vengono usate per difendersi da furti, stupri ed altre tipologie di aggressioni [4]. Come minimo, quindi, bisognerebbe valutare i potenziali costi (e non solo i presunti benefici) prima di proporre delle misure proibizioniste. Ma non è possibile farlo: quante vite vengono salvate, quanti danni vengono evitati dal possesso di armi da parte di onesti cittadini? Non c'è modo di saperlo con esattezza. Inoltre si pone il problema di come paragonare crimini diversi. Per tutte queste ragioni, non si può sostenere che un bando delle armi porterebbe benefici alla società.

Quindi il buon senso demolisce il proibizionismo sulle armi. Mancano gli argomenti logici per sostenerlo e, disarmando le vittime, tale misura si rende complice dei criminali. Da quest'ultimo punto di vista, le leggi più insensate sono quelle che istituiscono le gun-free zones, cioè le zone in cui si proibisce di detenere legalmente un'arma. Queste aree sono il paradiso degli stragisti, poiché - come si può facilmente immaginare - quest'ultimi non si fanno scrupoli d'infragere tale regola. Dopo aver ottenuto (legalmente o illegalmente) un'arma, l'assassino sa di poter agire incontrastato all'interno della zona gun-free. Non a caso, praticamente tutte le stragi avvenute negli USA sono state perpetrate in zone gun-free: cinema, scuole, ospedali, etc [5].


Tuttavia, i proibizionisti rifiutano di affrontare la questione dal punto di vista razionale. Sostengono invece che si debba guardare ai "fatti nudi e crudi", come quelli riguardanti la (presunta) correlazione tra possesso di armi da fuoco e omicidi. Tale approccio è sbagliato alla base, poiché la correlazione tra due eventi non implica una relazione di causalità. I fattori che influiscono sul tasso di omicidi di un paese sono molteplici: demografici, sociali, culturali, etc. Non potendo fare degli "esperimenti" riproducibili, non si possono determinare con certezza i fattori della violenza. Diventa quindi azzardato attribuire la responsabilità principale alle armi da fuoco.
Ovviamente si possono fare dei ragionamenti logici [6] per escludere taluni fattori. Ma anche qualora si arrivi a una correlazione "ragionata" tra numero di armi e numero di omicidi, ancora non si saprebbe quale sia la causa e quale la conseguenza. In una società particolarmente violenta, per esempio, è normale che le persone oneste vogliano armarsi per difendersi. In tal caso, è la violenza a causare un elevato possesso di armi - e non il contrario! Viceversa, in una società pacifica le persone non sentono la necessità di armarsi; è quindi la mancanza di violenza a causare la mancanza di armi da fuoco.

Tutto ciò detto, nella seconda parte di questa analisi dimostreremo che i dati non confermano le tesi proibizioniste. Anzi.

CONTINUA

Weierstrass

[1] D'altra parte, è una questione di incentivi: se c'è richiesta di qualcosa, esiste l'incentivo a formirla. E più lo Stato cerca di ostacolarne la vendita, più il prezzo sale, incentivandone ulteriormente l'offerta. Questo non significa che si debba "gettare la spugna" su tutto (esempio: sulle armi nucleari) ma semplicemente che bisogna tenere conto di questi effetti. 

[2] Le stragi costituiscono una piccola percentuale piccola (meno del 4%) del totale di omicidi. Nel 2015 sono morte 475 persone in eventi classificati come "stragi" (dove 4 o più persone sono rimaste ferite o uccise) mentre il numero totale di omicidi è stato pari a circa 13'000 persone. 


[3] Stranamente, nessuno propone di vietare la vendita di coltelli... 


[4] Questo potrebbe spiegare come mai, negli USA, il tasso di crimini violenti sia minore rispetto a quello del Regno Unito: più persone armate possono scoraggiare certe tipologie di crimini. 


[5] La morale della storia è che, se proprio non si accetta di avere cittadini armati in quelle aree, perlomeno bisogna garantire dei controlli efficaci al loro ingresso. Se invece non si possono garantire i controlli, allora sarebbe meglio consentire ai cittadini di difendersi da soli. 


[6] Fermo restando che i ragionamenti logici contraddicono le proposte proibizioniste, come visto sopra. 

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