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giovedì 22 ottobre 2015

Free banking - il libero mercato del sistema bancario (2/3)

Seconda puntata dedicata al free banking. Qui la prima parte. 



Nella scorsa puntata abbiamo visto che l'emissione di moneta bancaria in un sistema di free banking è limitata dal risparmio dei correntisti. Se una banca tentasse di emettere troppa moneta, verrebbe automaticamente punita dai meccanismi di mercato: perdita di riserve (tramite il clearing, cioè la compensazione tra banche) e conseguente fallimento. Abbiamo visto anche un altro pregio di tale sistema: la quantità d'investimenti è vincolata alla quantità di risparmi.

Consideriamo adesso una delle principali critiche rivolte al free banking. Il contratto di deposito bancario prevede che ogni correntista possa prelevare in qualsiasi momento una cifra pari a quella che ha affidato alla propria banca. Sappiamo che questo non è un problema, fintanto che le richieste di prelievo sono poche (rispetto al totale dei depositi bancari) e diluite nel tempo, così che le riserve della banca siano sufficienti a soddisfarle. Ma esiste anche la possibilità di una "corsa agli sportelli" o bank run, cioè di un repentino incremento delle richieste di prelievo da parte dei correntisti. Se un numero sufficiente di correntisti si presenta contemporaneamente per prelevare il denaro che gli spetta, la banca esaurisce le proprie riserve di base monetaria e fallisce. Secondo i critici, il timore stesso che ciò accada può spingere tutti i correntisti a (tentare di) ritirare i propri soldi, aggravando la corsa agli sportelli. Tale timore può allarmare anche i correntisti di altre banche, generando un effetto a catena (contagio bancario).
Mentre un sistema di free banking non è in grado - secondo i critici - di far fronte a una corsa agli sportelli, un sistema di central banking può facilmente risolvere la crisi di liquidità delle banche. La Banca Centrale, grazie alla sua facoltà di creare base monetaria dal nulla, può concedere prestiti di emergenza alle banche in difficoltà e salvarle dal fallimento. Anzi: la sola presenza della Banca Centrale può rassicurare i correntisti a tal punto da prevenire la maggior parte delle corse agli sportelli.

In realtà, tale critica si basa su un grave errore: non fa distinzione tra banche ben gestite e mal gestite. Una banca "sana" non ha motivo di temere un'eventuale corsa agli sportelli. Se non ha finanziato cattivi investimenti, cioè se non ha prestato denaro in maniera sconsiderata, allora - in caso di necessità - può facilmente ottenere un prestito dalle altre banche. Si tratta di un prestito "sicuro", poiché la banca ha solo un problema temporaneo di liquidità, facilmente risolvibile alla scadenza dei prestiti che ha concesso. Quest'ultimi, se validi, costituiscono una garanzia affidabile per chi le concede un prestito di emergenza. Inoltre è bene notare che, in tali condizioni, non esistono i presupposti logici per un bank run: i correntisti non hanno motivo di temere per i loro risparmi, se la banca li ha investiti in maniera oculata. Un discorso completamente diverso riguarda la possibilità di rapidi aumenti nella domanda di moneta, ma essi non costituiscono alcun problema per una banca libera di emettere le proprie banconote [1,2].

Dunque, in un sistema di free banking, le banche solide non corrono il rischio di corse agli sportelli. Sono piuttosto le banche peggiori a rischiare un bank run [3]. Quando i correntisti iniziano a dubitare dell'operato della banca, prelevano i loro soldi e li depositano in banche più sicure. Se la banca "cattiva" ha commesso errori di grave entità, il fallimento è l'esito più probabile - ed è anche quello più ragionevole da un punto di vista economico [4]. Se invece i cattivi investimenti possono essere assorbiti senza troppi danni, allora le altre banche possono offrire assistenza finanziaria a quella in difficoltà. Lo possono fare a maggior ragione, poiché vogliono impiegare i nuovi depositi ricevuti dai correntisti "fuggiaschi".
Siamo quindi giunti alla conclusione che le corse agli sportelli svolgano un'importante funzione di autoregolamentazione all'interno del mercato bancario: "punire" le banche che commettono errori (impedendo loro di fare ulteriori danni) e premiare quelle che non ne fanno. Non esiste il rischio di contagio bancario: solo le banche cattive subiscono un bank run, mentre quelle buone vedono accrescere le proprie riserve di base monetaria.

Diversi casi empirici avvalorano ciò che suggerisce la logica economica. Nel libro "Abolire le banche centrali", Kevin Dowd spiega (Capitolo 3, pag. 54) che:
Ci sono molti casi che dimostrano che le corse agli sportelli non si sono mai diffuse e questo perché non è stato messo in discussione il sistema bancario nel suo complesso. E' il caso dei recenti fallimenti bancari in Texas e Alberta, dove le banche coinvolte avevano subito perdite di capitale rovinose su prestiti basati sugli energetici, in seguito al crollo in tutto il mondo del prezzo del petrolio. Tuttavia nel loro complesso i sistemi bancari americano e canadese erano sufficientemente diversificati da riuscire ad arginare le perdite. In questi due casi, i depositanti trasferirono i loro conti in banche che consideravano solide. Lo stesso accadde con i fallimenti della Penn Square Bank e della Continental Illinois agli inizi degli anni Ottanta. A ciò si aggiungono le evidenze ricavabili da periodi precedenti. Per esempio, durante l'epoca del free banking scozzese (1728-1845), non ci fu alcun caso in cui il sistema bancario nel suo complesso venisse seriamente minacciato da una corsa agli sportelli di una singola banca. L'ultima volta in cui il sistema bancario britannico si è trovato in seria difficoltà per un evento di questo tipo fu probabilmente durante la crisi del 1825-1826, quasi certamente causata dalle politiche sconsiderate della Bank of England. In Canada, l'ultimo episodio risale al 1837 e all'origine vi fu la combinazione di una grave crisi commerciale e di una ribellione interna. 
 E ancora (Capitolo 6, nota 16, pag. 114):
La maggior parte delle grandi crisi bancarie ha evidenziato delle "fughe verso la qualità" piuttosto che corse indiscriminate agli sportelli di tutte le banche. Anche nella crisi bancaria australiana del 1893 - presumibilmente la crisi più grave mai avvenuta in un sistema di free banking storico - le due banche principali di Melbourne videro un afflusso ai depositi così esteso da essere quasi imbarazzante [...] La crisi bancaria che assomiglia di più al modello di corsa indiscriminata agli sportelli è quella inglese del dicembre 1825, ma anche in questo caso, l'interpretazione del contagio da panico non spiega facilmente il fatto che la stessa crisi toccò appena il sistema di free banking scozzese - il che rappresenta ancora un'altra dimostrazione della maggiore stabilità del free banking. 
Inoltre (Capitolo 6, nota 17, pag. 115):
[Studi sulla teoria del contagio] hanno scoperto che i fallimenti a volte erano a grappolo, ma a causa di shock comuni alle banche coinvolte, e con scarsa tendenza alla diffusione. 
Quindi, se un certo numero di banche ha commesso gli stessi (gravi) errori, allora possono subire contemporaneamente una corsa agli sportelli. Non c'è però motivo per cui le altre banche ne siano interessate.

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Weierstrass

[1] Se la banca è libera di emettere banconote proprie, può soddisfare una maggior domanda di moneta semplicemente stampando cartamoneta. Infatti le nuove banconote vengono tenute a riserva - anziché essere (per esempio) depositate in un'altra banca - quindi la banca non subisce una corrispondente riduzione nelle sue riserve di base monetaria. 

[2] Se il sistema bancario non è libero di emettere banconote, diventa vulnerabile ai cambiamenti repentini nella domanda di moneta. Un tipico esempio è dato dal sistema monetario statunitense successivo all'approvazione del National Banking Act (1863). Le restrizioni statali all'emissione di banconote e all'apertura di filiali bancarie causarono varie corse agli sportelli (tra cui il cosiddetto Panico del 1907). Viceversa il settore bancario canadese, meno regolamentato rispetto a quello statunitense, ebbe prestazioni notevolmente migliori. 


[3] A questo proposito, nel libro "The Truth about Bank Runs", George G. Kaufman sostiene (pag. 12-13) che: 

Appare chiaro che le corse agli sportelli non portano automaticamente ai fallimenti delle banche. In verità, uno studio condotto alla fine degli anni Venti per conto della American Bankers Association, nella sintesi di uno dei suoi recensori, relegava "la corsa agli sportelli come una vera ragione per allontanamenti [di banche] [...] fino a una posizione di minore importanza. Si è scoperto che si è trattato più di un effetto delle difficoltà bancarie che di una loro causa". Le evidenze, inoltre, suggeriscono che la direzione primaria del rapporto causa-effetto va dai problemi nel settore reale a quelli bancari, e non viceversa. Vale a dire, sia le corse agli sportelli sia i fallimenti bancari sono l'effetto e non la causa di contrazioni economiche e avversità aggregate.
[4] E' generalmente riconosciuto che le aziende mal gestite debbano essere lasciate fallire. Esse sottraggono risorse alle aziende efficienti e, oltretutto, un eventuale loro salvataggio disincentiverebbe la buona gestione delle altre imprese. Gli stessi principi valgono anche per le aziende del settore bancario, cioè le banche. 

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