Seconda puntata dedicata agli errori dell'inflazionismo. Qui la prima parte.
Nella scorsa puntata abbiamo visto che esistono due tipi di deflazione: una buona (deflazione da offerta) che riflette gli incrementi di produttività, ed una cattiva (deflazione da domanda) dovuta agli aumenti nella domanda di moneta. Abbiamo considerato due dei principali argomenti a favore delle politiche inflazionistiche, riguardanti i cattivi effetti della deflazione da domanda sui profitti aziendali e sui debitori; abbiamo però dimostrato la loro invalidità nei confronti della deflazione da offerta.
Un altro argomento sostiene che, in presenza di deflazione, i consumatori tenderebbero a rinviare i loro acquisti - causando perciò un calo delle vendite ed una conseguente crisi economica. La logica sottostante è che, se si aspettano un futuro calo dei prezzi, i consumatori scelgano di rinviare i loro acquisti; tale calo della domanda di beni contribuisce ad abbassare ulteriormente i prezzi, generando una spirale deflazionistica senza fine. Perciò ne consegue che la deflazione ha sempre cattive conseguenze, anche quando si manifesta (inizialmente) dal lato dell'offerta.
Una prima obiezione a questo modo di ragionare sta nel fatto che, anche qualora si aspettassero prezzi minori in futuro, i consumatori potrebbero scegliere di non rimandare i propri acquisti. Ciò è evidente nei casi in cui il consumo non possa essere rinviato, come quando si tratta di cibo e (più in generale) dei cosiddetti beni non durevoli. Ma tale obiezione è ugualmente valida per i beni durevoli: anche avendo la certezza che il costo scenderebbe (per esempio) del 2 percento nel corso di un anno, difficilmente l'acquisto di una bicicletta o di un computer verrebbe rimandato tanto a lungo. Quindi, per sostenere che i consumi vengano rinviati a causa della deflazione, si è costretti ad ipotizzare che i consumatori abbiano certezza di un notevole calo dei prezzi a breve distanza di tempo.
Qui gli inflazionisti prestano il fianco ad una seconda obiezione: i consumatori non possono avere certezze su quando e quanto caleranno i prezzi. Gli aumenti di produttività non sono "programmati", ma piuttosto dipendono da una combinazione di fattori difficilmente prevedibili (come l'innovazione tecnologica). Perciò l'ipotesi sopra citata è praticamente irrealizzabile. Infatti, nonostante un continuo calo dei prezzi [1], settori come l'elettronica, l'informatica e le telecomunicazioni hanno aumentato il volume delle vendite.
Infine si può fare un'ulteriore considerazione, basata (in un certo senso) sul dilemma del prigioniero. Supponiamo che, ad un certo prezzo, ci sia un numero sufficiente di persone disposte a comprare un determinato bene [2] tale che tutte le unità disponibili possano essere vendute. Ovviamente, se il prezzo calasse al di sotto di tale soglia, il numero di potenziali acquirenti aumenterebbe; di conseguenza, aumenterebbe anche la probabilità che le scorte del bene si esauriscano, lasciando qualcuno senza la possibilità di ottenerlo. Tale situazione incentiva ciascun potenziale acquirente a "farsi avanti" prima degli altri; se non lo fa, rischia di arrivare troppo tardi e di non poter più acquistare il bene desiderato. Quanto più il prezzo calasse al di sotto della soglia sopra detta, tanto maggiore sarebbe l'incentivo a comprare prima che lo facciano altri. Inoltre i primi acquirenti spingerebbero tutti gli altri a seguirli, come in una specie di corsa agli sportelli. Di conseguenza, una spirale deflazionistica è impossibile: è una situazione di equilibrio instabile, poiché essa stessa crea le condizioni per porvi fine. Un tipico esempio dello scenario descritto è dato dai saldi di fine stagione [3]. Quindi, confutato tale spauracchio, resta valida la legge della domanda e dell'offerta: un prezzo minore incentiva una domanda maggiore.
Weierstrass
[1] Per esempio, nel
1984 uno dei primi cellulari - il Motorola DynaTAC - costava circa
4000 $, mentre oggi un iPhone 6 costa circa 600 $. Non solo il prezzo è
diminuito, ma i nuovi cellulari hanno prestazioni incredibilmente più elevate
rispetto ai loro predecessori. Quindi, a parità di prestazioni, il calo dei
prezzi è stato ancora più notevole.
[2] Cioè ciascuna di queste persone preferirebbe possedere il bene ed avere meno denaro (pari al prezzo sopra detto) piuttosto che il contrario.
[3] I consumatori sanno che i prezzi verranno abbassati, e tanto più per gli articoli meno venduti (di cui i negozianti vogliono disfarsi prima della nuova stagione). Potrebbero quindi astenersi dall'acquisto, fino a far scendere i prezzi a livelli ancora più bassi? Ovviamente no: per le ragioni sopra esposte, il rischio (per il singolo consumatore) sarebbe quello di non trovare più nulla da comprare. E infatti si possono vedere file di persone che cercano disperatamente di fare acquisti nei primi giorni di saldi.
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