I movimenti socialisti più radicali chiedono di eliminare le disuguaglianze economiche, realizzando un'effettiva eguaglianza nelle condizioni di tutti gli individui: ciascuno dovrebbe avere lo stesso tenore di vita di tutti gli altri. Si tratta di una filosofia sbagliata sia sul piano etico (poiché basata su un vasto e persistente impiego della coercizione - in questo caso, a fini redistributivi) sia su quello pratico (come confermato dai disastrosi risultati del socialismo reale). Una posizione apparentemente più ragionevole sembra invece quella di raggiungere l'eguaglianza "delle condizioni di partenza": ciascuno dovrebbe partire dallo stesso livello di tutti gli altri, per poi essere lasciato libero di migliorare le proprie condizioni (anche al di sopra di quelle altrui, se ci riesce). Purtroppo, proposte mirate a realizzare tale sistema vengono avanzate anche da alcuni movimenti e pensatori di stampo moderato e/o liberale, che invece dovrebbero criticarle; per questo motivo, oggi ne discuteremo la logica profondamente sbagliata.
L'idea implicita - ma basilare - di raggiungere un'eguaglianza delle condizioni di partenza è che una persona debba "meritarsi" il benessere materiale di cui gode. Il fatto che il figlio di una famiglia ricca goda di condizioni migliori del figlio di una famiglia povera appare cioè come un'ingiustizia o, perlomeno, come un beneficio immeritato per il primo dei due bambini. Detto altrimenti: il secondo merita di "partire" dalle stesse condizioni del primo. Il paragone più utilizzato per spiegare tale idea è quello della gara di velocità, dove appunto c'è una linea di partenza uguale per tutti gli atleti partecipanti, e quindi vince chi è più veloce degli altri. Dunque si ammette che ci possano essere delle disuguaglianze economiche (di reddito, risparmio, etc) nel corso della vita, purché non ce ne siano "all'inizio".
L'errore fondamentale sta nel fraintendere il concetto di merito. Da un punto di vista liberale, una persona merita tutto ciò che gli altri sono disposti a darle volontariamente, cioè senza che venga fatto uso o minaccia di coercizione. Solitamente, ma non necessariamente, il denaro viene ceduto in cambio di qualcosa [1]. Un'azienda merita i soldi che i clienti sono disposti a darle in cambio dei suoi prodotti; un dipendente merita lo stipendio che il datore di lavoro è disposto a dargli in cambio del suo lavoro; un pittore merita tutti (né più, né meno) i soldi che i clienti sono disposti a sborsare per i suoi quadri [2]; un'associazione di beneficenza merita il denaro ricevuto dai donatori per finanziare le sue attività; e così via. Ma questo concetto non si limita ai soldi: si estende coerentemente a qualsiasi cosa. Merita l'amore di una persona chi lo riceve su base volontaria; merita l'amicizia di una persona chi la riceve volontariamente; etc.
Quindi un bambino merita tutto ciò che i parenti (genitori compresi) vogliono dargli, dall'affetto al benessere materiale che sono in grado di fornirgli. Così come, per lo stesso motivo, un senzatetto merita tutto l'aiuto che le altre persone sono disposte a dargli. Ciò comporta ovviamente che Tizio possa ricevere più di Caio; il punto è che Caio non ha alcun diritto di intromettersi nei rapporti tra Tizio ed il resto del mondo [3].
Al contrario, i proponenti dell'eguaglianza delle condizioni di partenza credono che il "merito" (in questo caso, le virgolette son d'obbligo) dipenda dalla fatica fisica o intellettuale necessaria ad ottenere un certo risultato. "Meriti" una cosa se te la sei sufficientemente sudata, insomma. Ma a cosa corrisponde la sufficienza? E che dire dei talenti naturali [4], grazie ai quali un individuo può ottenere lo stesso risultato faticando meno degli altri? Non è chiaro perché sia ingiusto ereditare del denaro e non lo sia, invece, ereditare tratti caratteriali o genetici; si dovrebbe allora penalizzare proporzionalmente chi detiene tali vantaggi [5]?
Oltretutto, le effettive opportunità di una persona dipendono da molteplici fattori. Avere genitori buoni, istruiti e premurosi può dare dei vantaggi rispetto ad averne di cattivi, ignoranti e negligenti. Vivere in una certa zona anziché in un'altra può essere altrettanto importante. E così via. Per tentare di creare coerentemente una vera eguaglianza di partenza, bisognerebbe allora mettere in atto misure coercitive ripugnanti, come togliere i bambini alle rispettive famiglie per affidarli esclusivamente allo Stato.
Il ragionamento "merito = fatica" ha altre conseguenze paradossali. I socialisti che sostengono tale idea dovrebbero chiedere l'abolizione di ogni assistenzialismo, in quanto "immeritato" dai suoi percettori [6]. Non solo: anche le forme di aiuto su base volontaria (es. la beneficenza verso i senzatetto) dovrebbero essere vietate. Inoltre, e più in generale, si dovrebbe criticare il fatto che ogni nuova generazione erediti qualcosa (abitazioni, infrastrutture, tecnologie, etc) da quelle precedenti, anziché "guadagnarsele" da sola.
Un'applicazione coerente dell'eguaglianza di partenza è così indesiderabile che nessuna persona sana di mente la vorrebbe davvero realizzare. Piuttosto, questo concetto viene usato come espediente retorico per sostenere - paradossalmente [7] - misure redistributive (es. tasse di successione) e alcune tipologie di interventi statali. Il classico esempio è quello dell'istruzione pubblica (scuole/università statali) o sussidiata dallo Stato (scuole/università private, ma pagate tramite voucher): si tratta di garantire a tutti un livello minimo di servizi, cosa però ben diversa dall'imporre a tutti lo stesso, identico livello qualitativo. Non si tratta, cioè, di eguaglianza. Bisognerebbe dunque evitare di adottare tale espressione per giustificare quel tipo di misure, e citare invece delle motivazioni consistenti con ciò che si propone di fare.
Un discorso a parte riguarda la richiesta di eguaglianza di fronte alla legge, cioè il diritto (negativo) a essere trattati come tutti gli altri, a non essere penalizzati dallo Stato. Si tratta senz'altro di un principio ragionevole, ma deve valere sempre - non solo "alla partenza".
Weierstrass
[1] In questo senso, si sente spesso sostenere che una persona meriti il suo denaro "perché se l'è sudato", ovvero guadagnato col proprio lavoro. In realtà, tale espressione sintetizza un concetto più articolato: se ottieni del denaro offrendo beni o servizi, non stai facendo alcun atto coercitivo, quindi non c'è motivo per impedirti di effettuare tale scambio né, tantomeno, per estorcere parte del tuo guadagno. Viceversa, un ladro può "faticare" per ottenere la refurtiva, ma nessuno si sognerebbe di dire che se la sia meritata. Quindi il discriminante è la natura volontaria o coercitiva dello scambio, non la fatica sostenuta per ottenere il bene in questione. Dire che una persona abbia prodotto da sé un bene sottintende che non abbia aggredito nessuno.
[2] Ricordiamo che il valore è sempre soggettivo: ognuno valuta le cose in base a un giudizio personale. La stessa cosa può avere (e, di solito, ha) un valore diverso per persone diverse. La teoria economica marxista è completamente sbagliata proprio perché assume il contrario, cioè che il valore di un oggetto sia uguale per tutti e, specificatamente, pari alla quantità di lavoro necessaria a produrlo.
[3] Un concetto di buon senso noto come "farsi i fatti propri".
[4] Si noti che anche perseveranza e volontà di impegnarsi possono essere considerati come doti naturali. Per non parlare di bellezza, prestanza fisica ed altri fattori che, perlomeno in parte, non dipendono dagli sforzi dell'individuo.
[5] Il breve film "2081" descrive appunto un mondo distopico in cui, per realizzare una vera eguaglianza, vengono applicate delle penalità agli individui più dotati (es. pesi ai forzuti, maschere ai belli, etc).
[6] Da un punto di vista liberale, invece, l'assistenzialismo andrebbe eliminato (o, perlomeno, ridimensionato) poiché finanziato attraverso mezzi coercitivi. Viceversa, non si obbietterebbe nulla alla possibilità che il legittimo proprietario di una somma denaro decida di donarlo ad altre persone. Perciò la questione è indipendente dall'essersi o non essersi sudati l'assistenza ricevuta; piuttosto, dipende dal modo (volontario vs coercitivo) in cui si riceve quest'ultima.
[7] Il paradosso, lo ripetiamo, sta nella motivazione addotta per realizzare l'eguaglianza di partenza, ovvero che ciascuno debba faticare per ottenere qualcosa. Ne consegue infatti che chi non fatica abbastanza da guadagnare una somma di denaro non meriti di riceverla - cioè il contrario delle misure redistributive dai "ricchi" ai "poveri".
L'errore fondamentale sta nel fraintendere il concetto di merito. Da un punto di vista liberale, una persona merita tutto ciò che gli altri sono disposti a darle volontariamente, cioè senza che venga fatto uso o minaccia di coercizione. Solitamente, ma non necessariamente, il denaro viene ceduto in cambio di qualcosa [1]. Un'azienda merita i soldi che i clienti sono disposti a darle in cambio dei suoi prodotti; un dipendente merita lo stipendio che il datore di lavoro è disposto a dargli in cambio del suo lavoro; un pittore merita tutti (né più, né meno) i soldi che i clienti sono disposti a sborsare per i suoi quadri [2]; un'associazione di beneficenza merita il denaro ricevuto dai donatori per finanziare le sue attività; e così via. Ma questo concetto non si limita ai soldi: si estende coerentemente a qualsiasi cosa. Merita l'amore di una persona chi lo riceve su base volontaria; merita l'amicizia di una persona chi la riceve volontariamente; etc.
Quindi un bambino merita tutto ciò che i parenti (genitori compresi) vogliono dargli, dall'affetto al benessere materiale che sono in grado di fornirgli. Così come, per lo stesso motivo, un senzatetto merita tutto l'aiuto che le altre persone sono disposte a dargli. Ciò comporta ovviamente che Tizio possa ricevere più di Caio; il punto è che Caio non ha alcun diritto di intromettersi nei rapporti tra Tizio ed il resto del mondo [3].
Al contrario, i proponenti dell'eguaglianza delle condizioni di partenza credono che il "merito" (in questo caso, le virgolette son d'obbligo) dipenda dalla fatica fisica o intellettuale necessaria ad ottenere un certo risultato. "Meriti" una cosa se te la sei sufficientemente sudata, insomma. Ma a cosa corrisponde la sufficienza? E che dire dei talenti naturali [4], grazie ai quali un individuo può ottenere lo stesso risultato faticando meno degli altri? Non è chiaro perché sia ingiusto ereditare del denaro e non lo sia, invece, ereditare tratti caratteriali o genetici; si dovrebbe allora penalizzare proporzionalmente chi detiene tali vantaggi [5]?
Oltretutto, le effettive opportunità di una persona dipendono da molteplici fattori. Avere genitori buoni, istruiti e premurosi può dare dei vantaggi rispetto ad averne di cattivi, ignoranti e negligenti. Vivere in una certa zona anziché in un'altra può essere altrettanto importante. E così via. Per tentare di creare coerentemente una vera eguaglianza di partenza, bisognerebbe allora mettere in atto misure coercitive ripugnanti, come togliere i bambini alle rispettive famiglie per affidarli esclusivamente allo Stato.
Il ragionamento "merito = fatica" ha altre conseguenze paradossali. I socialisti che sostengono tale idea dovrebbero chiedere l'abolizione di ogni assistenzialismo, in quanto "immeritato" dai suoi percettori [6]. Non solo: anche le forme di aiuto su base volontaria (es. la beneficenza verso i senzatetto) dovrebbero essere vietate. Inoltre, e più in generale, si dovrebbe criticare il fatto che ogni nuova generazione erediti qualcosa (abitazioni, infrastrutture, tecnologie, etc) da quelle precedenti, anziché "guadagnarsele" da sola.
Un'applicazione coerente dell'eguaglianza di partenza è così indesiderabile che nessuna persona sana di mente la vorrebbe davvero realizzare. Piuttosto, questo concetto viene usato come espediente retorico per sostenere - paradossalmente [7] - misure redistributive (es. tasse di successione) e alcune tipologie di interventi statali. Il classico esempio è quello dell'istruzione pubblica (scuole/università statali) o sussidiata dallo Stato (scuole/università private, ma pagate tramite voucher): si tratta di garantire a tutti un livello minimo di servizi, cosa però ben diversa dall'imporre a tutti lo stesso, identico livello qualitativo. Non si tratta, cioè, di eguaglianza. Bisognerebbe dunque evitare di adottare tale espressione per giustificare quel tipo di misure, e citare invece delle motivazioni consistenti con ciò che si propone di fare.
Un discorso a parte riguarda la richiesta di eguaglianza di fronte alla legge, cioè il diritto (negativo) a essere trattati come tutti gli altri, a non essere penalizzati dallo Stato. Si tratta senz'altro di un principio ragionevole, ma deve valere sempre - non solo "alla partenza".
Weierstrass
[1] In questo senso, si sente spesso sostenere che una persona meriti il suo denaro "perché se l'è sudato", ovvero guadagnato col proprio lavoro. In realtà, tale espressione sintetizza un concetto più articolato: se ottieni del denaro offrendo beni o servizi, non stai facendo alcun atto coercitivo, quindi non c'è motivo per impedirti di effettuare tale scambio né, tantomeno, per estorcere parte del tuo guadagno. Viceversa, un ladro può "faticare" per ottenere la refurtiva, ma nessuno si sognerebbe di dire che se la sia meritata. Quindi il discriminante è la natura volontaria o coercitiva dello scambio, non la fatica sostenuta per ottenere il bene in questione. Dire che una persona abbia prodotto da sé un bene sottintende che non abbia aggredito nessuno.
[2] Ricordiamo che il valore è sempre soggettivo: ognuno valuta le cose in base a un giudizio personale. La stessa cosa può avere (e, di solito, ha) un valore diverso per persone diverse. La teoria economica marxista è completamente sbagliata proprio perché assume il contrario, cioè che il valore di un oggetto sia uguale per tutti e, specificatamente, pari alla quantità di lavoro necessaria a produrlo.
[3] Un concetto di buon senso noto come "farsi i fatti propri".
[4] Si noti che anche perseveranza e volontà di impegnarsi possono essere considerati come doti naturali. Per non parlare di bellezza, prestanza fisica ed altri fattori che, perlomeno in parte, non dipendono dagli sforzi dell'individuo.
[5] Il breve film "2081" descrive appunto un mondo distopico in cui, per realizzare una vera eguaglianza, vengono applicate delle penalità agli individui più dotati (es. pesi ai forzuti, maschere ai belli, etc).
[6] Da un punto di vista liberale, invece, l'assistenzialismo andrebbe eliminato (o, perlomeno, ridimensionato) poiché finanziato attraverso mezzi coercitivi. Viceversa, non si obbietterebbe nulla alla possibilità che il legittimo proprietario di una somma denaro decida di donarlo ad altre persone. Perciò la questione è indipendente dall'essersi o non essersi sudati l'assistenza ricevuta; piuttosto, dipende dal modo (volontario vs coercitivo) in cui si riceve quest'ultima.
[7] Il paradosso, lo ripetiamo, sta nella motivazione addotta per realizzare l'eguaglianza di partenza, ovvero che ciascuno debba faticare per ottenere qualcosa. Ne consegue infatti che chi non fatica abbastanza da guadagnare una somma di denaro non meriti di riceverla - cioè il contrario delle misure redistributive dai "ricchi" ai "poveri".
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