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giovedì 1 giugno 2017

Miti statalisti: #10 deficit pubblico & surplus privato

Nella scorsa puntata abbiamo discusso il mito secondo cui il debito pubblico non costituirebbe alcun problema. Oggi invece smentiremo un alto mito relativo all'indebitamento pubblico, che recita più o meno così: "i deficit del bilancio statale costituiscono dei surplus per il settore privato, perciò una buona cosa per i cittadini". Talvolta il mito viene espresso in forme analoghe ("se il settore pubblico spende più di quanto incassa, il settore privata incassa più di quanto spende") o, addirittura, ancora più assurde ("lo Stato, facendo deficit, crea ricchezza per i cittadini"). Tali affermazioni vengono spesso da esponenti e sostenitori del cartalismo e della cosiddetta Teoria Monetaria Moderna (MMT), a cui dedicheremo una disamina più approfondita in futuro; per oggi, invece, ci limiteremo a questo particolare argomento. 


Confronto tra investimenti privati (in % di PIL) e bilancio pubblico (in % di PIL) negli USA.
Deficit statali coincidono empiricamente con investimenti privati in calo, e viceversa. 

Il mito si basa sulla seguente identità contabile, che rappresenta i saldi settoriali [1]: 

(S - I) = (G - T) + (X - M) 

Dove S è il risparmio dei cittadini, I rappresenta gli investimenti privati, G è la spesa pubblica al netto dei trasferimenti [2], T è la quantità di tasse/imposte pagate dai cittadini [3], X rappresenta le esportazioni e M le importazioni del paese. Se si trascura il commercio con l'estero, si ottiene che la differenza tra risparmi e investimenti privati è uguale alla differenza tra spese ed entrate statali (al netto dei trasferimenti). Inoltre la differenza tra risparmi e investimenti (S - I) può essere definita in vari modi:

- risparmio privato al netto degli interessi (o, più sinteticamente, risparmio privato netto); 
- surplus del settore privato (o, più semplicemente, surplus privato); 
- ricchezza finanziaria netta.

Ma, aldilà delle diverse denominazioni, la sostanza non cambia. I soggetti privati (cittadini e imprese) impiegano il proprio reddito per consumare, fare investimenti o prestare denaro al Governo. Ripetiamo. Il denaro prestato al Governo serve a finanziare i deficit pubblici (cioè la differenza tra spese e entrate statali) e rappresenta la porzione di reddito privato che non viene usata per consumi o per investimenti. Maggiore è il deficit del Governo, maggiore è la quantità di risparmi che non viene impiegata per investimenti privati. 


Tipico grafico citato dai cartalisti. In rosso viene rappresentato il bilancio governativo, in blu quello privato e in verde la bilancia dei pagamenti degli USA nel corso degli anni. Lo scopo del grafico è mostrare la validità dell'identità contabile alla base della MMT. Ma, trattandosi di un'identità, è ovvio che sia vera! Bisognerebbe piuttosto spiegare quale sia l'utilità del surplus privato...

Quindi possiamo già smentire l'affermazione secondo cui i deficit statali "creino ricchezza" per i cittadini [4]. Essa deriva solo dalla storpiatura (da "ricchezza finanziaria netta" a "ricchezza") di una delle definizioni sopra citate. Ma, mentre la ricchezza reale si misura in beni e servizi utili [5], la ricchezza finanziaria netta rappresenta unicamente la differenza tra crediti e debiti di un soggetto. Perciò quest'ultima non dice nulla sulla sua ricchezza reale, né su quanti crediti o debiti abbia effettivamente [6]. Per comprendere l'inutilità di tale indicatore, basta fare un esempio: chi si indebita per comprare casa a Manhattan non è certo un poveraccio, eppure risulta avere una ricchezza finanziaria netta negativa, cioè inferiore a quella del più povero dei bambini africani.

Consideriamo ora le altre versioni del mito, secondo cui il surplus privato sarebbe una buona cosa. Traducendo in parole povere l'identità dei saldi settoriali, abbiamo che il settore privato può avere un credito verso il settore pubblico solo se il settore pubblico ha un debito verso il settore privato. E quindi? Che se ne fa il settore privato di un credito verso il settore pubblico? 
Prestare denaro a qualcuno è utile solo se quel debito verrà ripagato assieme a degli interessi. Perciò l'unico modo in cui il settore privato potrebbe trarre utilità dal prestare denaro al settore pubblico sarebbe se, prima o poi, quest'ultimo ripagasse il debito con gli interessi. Bisognerebbe, cioè, che il bilancio pubblico alternasse anni di deficit con anni di surplus. Anche così, però, il settore privato non ci guadagnerebbe nulla: i soldi con cui lo Stato (eventualmente) ripaga i suoi debiti vengono presi proprio dal settore privato tramite varie forme di tassazione [7].
Del resto, basta leggere la definizione di surplus privato per capire dove stia la fregatura. Il risparmio privato al netto degli investimenti rappresenta una somma di denaro che i cittadini non usano per consumi né per investimenti. Ma l'utilità del denaro sta proprio nel consentire l'acquisto di beni di consumo e di beni capitali!

Dunque abbiamo dimostrato che il settore privato, preso nel suo insieme (come amano aggregarlo i cartalisti), non riceva alcun beneficio dai deficit statali. Infatti, come avevamo notato nella precedente puntata, il settore privato si divide tra chi paga (al netto) gli oneri derivanti dal debito pubblico, e chi (al netto) ne riceve gli interessi. L'accumulo di deficit statali comporta trasferimenti di denaro dai primi ai secondi, ma non beneficia il loro insieme aggregato.
Concludiamo infine con qualche considerazione di buon senso. La spesa pubblica è piena di sprechi (non potrebbe essere altrimenti) quindi distrugge ricchezza anziché crearla. L'unico motivo per cui parte di essa viene finanziata a deficit è che le tasse erodono il consenso politico, mentre l'indebitamento pubblico consente ai politici di scaricare il costo delle loro malefatte sulle generazioni future. Quindi non c'è alcuna ragione economica per giustificare continui deficit di bilancio; si tratta invece di un mero calcolo politico di breve periodo. 

PS: il surplus del settore privato può crescere anche grazie ad un miglioramento nella bilancia dei pagamenti, cioè ad un aumento delle esportazioni al netto delle importazioni. Questo conferma l'inutilità di avere un surplus privato fine a se stesso. Infatti, come abbiamo spiegato qui, non ha senso che un paese esporti perennemente più di quanto importa. Le esportazioni servono solo a pagare le importazioni; un passato surplus nella bilancia dei pagamenti serve a finanziare un futuro deficit, e viceversa. Notiamo comunque una differenza fondamentale tra settore estero e settore pubblico: il primo ripaga i suoi deficit con risorse proprie, anziché tassando il settore privato come fa il secondo.

PPS: in base alla medesima logica del mito statalista, il deficit di bilancio di una persona equivale a un surplus per il resto della società. Se dunque i cartalisti mi prestassero denaro a tasso zero con scadenza tra 100 anni, potrei fornir loro tutto il surplus che desiderano. In alternativa, accetto anche di ricevere una stampante di moneta che mi permetta di  "spendere più di quanto incasso". Per il bene della società, chiaro!


Weierstrass 

[1] I settori in cui viene (arbitrariamente) divisa la società sono privato, pubblico ed estero. Ma l'identità contabile sarebbe ancora vera se la divisione fosse tra settori maschile e femminile, o tra persone alte e persone basse. Già questo dovrebbe porre qualche dubbio ai sostenitori del mito. 

[2] Cioè G rappresenta i beni/servizi finali acquistati dalla Pubblica Amministrazione. I trasferimenti (esempio: il pagamento delle pensioni, che trasferisce soldi dai lavoratori ai pensionati) non sono compresi in G, poiché finiscono con l'essere conteggiati in altre grandezze contabili.

[3] Di nuovo: questa voce (T) è al netto delle tasse/imposte necessarie al finanziamento dei trasferimenti statali menzionati nella nota precedente.

[4] L'idea che i deficit pubblici possano aumentare la produzione di beni e servizi deriva dalle teorie keynesiane - e non dai saldi settoriali. Tuttavia, le teorie keynesiane si basano su ipotesi ben precise, la cui (eventuale) validità è circoscritta a determinate situazioni. Per esempio, al caso in cui si verifichi una trappola della liquidità. Keynes - al contrario del mito in questione - non spacciava le sue idee come valide in ogni circostanza. 


[5] Un bene è utile se il suo valore è superiore a quello delle risorse impiegate nella sua produzione. In questo modo, si crea (aggiunge) ricchezza reale. Viceversa, se il valore dell'output è inferiore a quello degli input, la ricchezza viene distrutta. Ricordiamo inoltre che il valore è soggettivo, quindi solo in un sistema di libero mercato si può valutare l'utilità del bene prodotto. 

[6] Se la ricchezza finanziaria netta del settore privato è (per esempio) zero, significa che il totale dei debiti verso soggetti privati equivale al totale dei crediti verso soggetti privati. Ma non sappiamo quanti siano i debiti né quanti siano i crediti. Ci potrebbero essere 100 miliardi di risparmi e di investimenti, o solo 100 € per entrambi. 

[7] I cartalisti solitamente obbiettano che lo Stato potrebbe finanziare e/o ripagare i suoi debiti creando denaro dal nulla, tramite la Banca Centrale. Ma ciò equivarrebbe semplicemente a tassare i cittadini tramite la perdita di valore della moneta (inflazione).

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