Per "rendita" si intende generalmente [1] un'entrata periodica derivante dal possesso di un bene, senza alcuna apparente attività o costo associati ad esso. Esempi di rendita sono gli affitti, i dividendi azionari, gli interessi sui risparmi investiti, etc. Questo tipo di reddito viene spesso ritenuto immeritato e, per tale motivo, doveroso di essere (tar)tassato dal fisco. Si sostiene che il percettore della rendita non produca nulla, quindi viva a spese della società, comportandosi da parassita di quest'ultima. Vediamo perché tali affermazioni sono infondate.
Chi sostiene la teoria delle rendite parassitarie presenta delle classiche lacune, quali la mancata comprensione della soggettività del merito, del ruolo del risparmio e degli incentivi. Chiariamo anzitutto questi concetti.
IL MERITO
Essendo il merito frutto di una valutazione soggettiva, ne deriva (come spiegato in precedenza) che una persona meriti tutto ciò che gli altri sono disposti a darle volontariamente; viceversa, non merita nulla di quello che gli altri non sono disposti a darle [2]. Il redditiere merita la rendita perché altre persone gliela pagano volontariamente. Nel caso specifico, egli la percepisce perché offre dei servizi utili ai suoi clienti. Quali sono questi servizi? Nel caso di un affitto, la casa/terreno in affitto; nel caso di un investimento, il risparmio investito; etc. Il proprietario del bene in questione (casa, terreno, denaro, etc) rinuncia temporaneamente ad utilizzarlo, mettendolo a disposizione di altre persone; quindi fornisce un servizio, e da tale atto ottiene una ricompensa.
IL RISPARMIO
Per capire l'importanza del redditiere, consideriamo su tutti il caso del risparmio. Quest'ultimo serve a finanziare gli investimenti: attraverso i meccanismi di mercato [3], la rinuncia al consumo immediato "libera" risorse produttive dal settore dei beni di consumo e consente di impiegarle nella produzione di beni capitali. Senza il risparmio passato, non avremmo i mezzi (capitale) per produrre oggi. Di più: la crescita economica di lungo periodo dipende proprio dal capitale disponibile, e di conseguenza dal risparmio che serve a produrlo. Tutto ciò è reso possibile da coloro che risparmiano al fine di ottenere una rendita futura - i redditieri, appunto.
Anche gli altri oggetti di rendita servono, come il risparmio, a soddisfare dei bisogni economici. E' proprio per questo che qualcuno paga per usarli al posto dei corrispettivi proprietari.
GLI INCENTIVI
Chiaramente, (tar)tassare le rendite più di quanto già avvenga comporterebbe un ulteriore disincentivo a fornire i servizi che le generano. Si avrebbero quindi meno finanziamenti, meno case da affittare, etc, ovvero peggiorerebbe la vita di chi ha bisogno di quei servizi [4]. Tutto ciò, beninteso, senza portare maggiori entrare per lo Stato.
Si dirà, tuttavia, che gli effetti deleteri di tali misure entrerebbero a pieno regime solo dopo un certo periodo di tempo, e che inizialmente la maggior parte dei redditieri ne verrebbe colpita. Questo è vero: introdurre una nuova forma di tassazione costituisce sempre un mezzo una tantum per fregare i contribuenti, o perlomeno alcuni di essi. Il problema è che il beneficio per le casse dello Stato si esaurisce presto, mentre il danno economico permane anche successivamente [5].
Si dirà, tuttavia, che gli effetti deleteri di tali misure entrerebbero a pieno regime solo dopo un certo periodo di tempo, e che inizialmente la maggior parte dei redditieri ne verrebbe colpita. Questo è vero: introdurre una nuova forma di tassazione costituisce sempre un mezzo una tantum per fregare i contribuenti, o perlomeno alcuni di essi. Il problema è che il beneficio per le casse dello Stato si esaurisce presto, mentre il danno economico permane anche successivamente [5].
PARADOSSO N°1 - prima sì, dopo no
A questo punto, notiamo anche l'assurdità logica delle critiche anti-rendita. Se una casa viene costruita e poi venduta, i nemici delle rendite non hanno nulla da obiettare; diventa apparentemente un problema, invece, se viene affittata. Analogamente, se una somma di denaro viene spesa, non c'è nulla di male; se viene prestata, invece, diventa un'apparente forma di parassitismo. Eppure va da sé che un guadagno presente sia equivalente a dei flussi di cassa opportunamente scontati: non c'è differenza tra essere pagati tutto e subito (vendita), oppure poco alla volta [6] (rendita).
Il paradosso si spiega con la mancata comprensione, da parte dei critici, che il bene oggetto di rendita deve essere prodotto col lavoro di qualcuno. Il risparmio accumulato origina da un precedente lavoro del redditiere; idem per la casa data in affitto, che è stata costruita (o comprata [7]) dal redditiere. Dunque la rendita deriva un lavoro precedentemente svolto; l'unica differenza rispetto a un reddito "normale" è che la remunerazione arriva in un secondo momento, anziché immediatamente. Non c'è bisogno di spiegare che tale differenza non abbia nulla di parassitario.
PARADOSSO N°2 - l'eredità maledetta
Che dire, allora, se un redditiere ha semplicemente ereditato il bene oggetto di rendita? La conclusione sopra detta è ancora valida: la rendita è conseguenza di un lavoro precedentemente svolto - in questo caso, svolto dal/i parente/i dell'attuale redditiere. Ora, non è chiaro perché Tizio possa disporre liberamente dei frutti del suo lavoro - inclusa la possibilità di donarne una parte a un perfetto sconosciuto - e non possa invece lasciarli post-mortem a un suo parente. Che, tra l'altro, è semplicemente un altro modo di disporne.
Ma la posizione degli anti-rendita è ancora più assurda se si considera la possibilità che Tizio spenda immediatamente tutto il suo denaro a favore del/la figlio/a. La differenza tra non-rendita e rendita si riduce di nuovo al fattore temporale: un beneficio immediato ("tutto e subito") per la prole va bene, mentre un beneficio futuro ("poco alla volta") no!
Il paradosso si spiega con la mancata comprensione, da parte dei critici, che il bene oggetto di rendita deve essere prodotto col lavoro di qualcuno. Il risparmio accumulato origina da un precedente lavoro del redditiere; idem per la casa data in affitto, che è stata costruita (o comprata [7]) dal redditiere. Dunque la rendita deriva un lavoro precedentemente svolto; l'unica differenza rispetto a un reddito "normale" è che la remunerazione arriva in un secondo momento, anziché immediatamente. Non c'è bisogno di spiegare che tale differenza non abbia nulla di parassitario.
PARADOSSO N°2 - l'eredità maledetta
Che dire, allora, se un redditiere ha semplicemente ereditato il bene oggetto di rendita? La conclusione sopra detta è ancora valida: la rendita è conseguenza di un lavoro precedentemente svolto - in questo caso, svolto dal/i parente/i dell'attuale redditiere. Ora, non è chiaro perché Tizio possa disporre liberamente dei frutti del suo lavoro - inclusa la possibilità di donarne una parte a un perfetto sconosciuto - e non possa invece lasciarli post-mortem a un suo parente. Che, tra l'altro, è semplicemente un altro modo di disporne.
Ma la posizione degli anti-rendita è ancora più assurda se si considera la possibilità che Tizio spenda immediatamente tutto il suo denaro a favore del/la figlio/a. La differenza tra non-rendita e rendita si riduce di nuovo al fattore temporale: un beneficio immediato ("tutto e subito") per la prole va bene, mentre un beneficio futuro ("poco alla volta") no!
PARADOSSO N°3 - una percezione selettiva
Curiosamente, spesso chi si lamenta delle presunte "rendite parassitarie" tace completamente sulle vere forme di parassitismo, cioè su chi riceve realmente qualcosa dalla società senza produrre nulla in cambio. Per esempio, le politiche redistributive servono proprio a trasferire ricchezza da chi la produce a chi non la produce. Lo stesso si può dire degli sprechi nella spesa pubblica: finanziano servizi inutili per la società, ma garantiscono lauti stipendi ai loro dipendenti. E, soprattutto, si pensi ai monopoli imposti per legge, che garantiscono al monopolista di turno [8] una protezione coercitiva contro i potenziali concorrenti.
Chi appoggia queste cose dovrebbe avere la decenza di non pontificare su chi o cosa costituisca un parassita.
CONCLUSIONI
La rendita deriva sempre da un lavoro precedentemente svolto; è la remunerazione per un servizio fornito; in qualunque sua forma, svolge un importante ruolo economico. Non esistono quindi "rendite parassitarie" all'infuori di quelle elargite dallo Stato - quelle, cioè, ottenute senza nulla dare in cambio...escluso l'eventuale appoggio elettorale al Governo che le garantisce.
Weierstrass
[1] Nei testi di economia, il termine "rendita" assume un significato più specifico: remunerazione di un fattore produttivo in eccesso rispetto al suo costo-opportunità (cioè al costo sostenuto per produrlo/ottenerlo). In questo articolo non ci si riferisce a tale definizione.
[2] E' proprio questa la differenza che passa, per esempio, tra chi lavora nel settore privato e chi nel settore pubblico: il primo viene pagato da chi vuole usufruire dei suoi servizi, mentre il secondo percepisce denaro estorto ai cittadini tramite le tasse (cioè, verosimilmente, preso contro la loro volontà).
[3] La minore domanda di beni di consumo (causata dalla rinuncia del risparmiatore a comprarne) e la maggiore domanda di beni capitali (finanziata dal risparmio ora disponibile) spostano lavoratori dal settore che produce i primi verso il settore che produce i secondi.
[4] Una persona benestante può fare a meno di chiedere un mutuo o di prendere una casa in affitto, mentre una famiglia di ceto medio-basso probabilmente no.
[5] Si noti che il problema descritto non impensierisce la classe politica: al Governo non interessa quello che può accadere dopo la scadenza del suo mandato. Se un politico può ottenere un vantaggio immediato a spese del futuro del paese, è incentivato a prenderlo.
[6] Chiaramente, il "poco alla volta" deve remunerare anche la preferenza temporale di chi fornisce il bene.
[7] Lavorare per costruire una casa è equivalente a lavorare per produrre beni/servizi il cui valore monetario eguagli quello della casa. Costruirla o comprarla comporta quindi la stessa quantità di lavoro.
[8] L'esempio più citato è quello dei brevetti ma, anche senza scomodare il dibattito sulla proprietà intellettuale, basti pensare alle categorie a numero chiusto o alle restrizioni commerciali.
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